“Quell’estate
cominciò con un sogno: il cielo si era capovolto, e al posto delle
nuvole c’erano onde lente, azzurre, abitate da pesci che nuotavano
tra le stelle.
Ogni notte, Mara si addormentava con il rumore
della risacca nel cuore e si svegliava con la sabbia tra le dita.
Nessuno sembrava accorgersi di nulla, ma lei sapeva che qualcosa
stava cambiando.
Poi, una mattina …”
Una mattina Mara si svegliò,come al solito,al primo sole,che a fine maggio è già mattiniero.Pero,contrariamente al solito,non induggiò a letto,sembrava avere altre urgenze.Si vestì,prese le chiavi dell'auto,la sua solita piccola ma capiente borsa di tela rosa ed uscì.Il marito fece appena in tempo a bloccarla sulla porta per chiederle dove intendeva andare così di corsa.Ha dato qualche spiegazione sommaria e si chiuse la porta alle spalle.Arrivò in un attimo al mare,il suo mare ,solito posto ,sabbia ancora umida e quel tronco provvidenziale che una delle tante mareggiate invernali aveva spiaggiato,proprio li.
Si sedette,sussurrando qualosa poi restò in silenzio,ad ascoltare Il mare era musica,appena qualche incresatura,e le onde leggere e silenziose cercavano un approdo morbido sulla rena,con quei bisbigli strani che fa la schiuma quando si franruma in tanti piccoli pezzetti di merletto sfrangiato.Un'onda appena più forte, e Mara si è come svegliata da un incanto ed iniziò a parlare.Col mare.Gli chiese conto del perchè ancora non era stata costruita la piccola tettoia che da sempre riparava dal forte sole,dov'era finito suo pade? I bambini stavano per arrivare e non c'era acora niente pronto.Poi ,incerta,si guardò intorno.Era sola.Ha concesso un suo sorriso al mare,una forma di saluto e riprese la strada di casa.
Quel cielo capovolto, che faceva scivolare fino a terra nuvole e qualche stella mentre si riempiva di pesci scogli increspature di onde che lei cercava di afferrare ma che sfugivano,la lasciavano stranita,fino all'alba.Poi tutto sembrava tornare a posto e lei,spesso,lasciava tutto per seguire una traccia,una voce,un richiamo.
Un colloquio fitto fitto col mare,meglio un soliloquio.si raccontava,mischiava ricordi infantili e d eventi recenti,lei già madre,con figli adulti, e lei bambina portata per mano dal padre,in certe lunghe passegiate sulla sabbia,fino agli scogli che chiudevano quell'insenatura dove una selva di ombrelloni,sedie,tavolini pinne canne da pesca davano più l'idea di un piacevole bivacco per ore diurne e serali che non un lido.Era il suo mare,il loro mare,una tribu di fratelli sorelle,nipoti pronipoti zie amici.Ma molti visi,molte voci,nei suoi momenti di silenzioso rapporto col mare,iniziavano a prerdere i contorni .
Un giorno in macchina,ha sbagliato direzione,non riusciva più a trovare la via del ritorno,ha continuato a chiamare il padre il marito tutti quelli che si presentavano alla mente ,ora confusa.L'hanno riaccompagnata a casa.Niente più chiavi o auto.Triste il responso clinico. Viveva in un suo mondo fatto di ricordi immagini e chissà,anche di fantasmi.Di tanto in tanto chiedeva solo di vedere il mare.Si sedeva sulla battiggia, in silenzio,perdendo ogni cognzione di tempo,ma riacquistava una serenità e quasi una gioia che per qualche momento faceva dimentcare il peggio anche ai familiari che con cura e pazienza cercavano di assecondarla.Poi ,stanca,chiudeva il tempo della memoria con un intimo fitto colloquio col suo mare, un sorriso come saluto,ed era il segnale del ritorno. Nel suo mondo.
MIEI VERSI DEDICATI
Non lo vedevi il mare
separato da strada e ferrovia
alte per i tuoi anni ,ancora pochi.
Ma lo sentivi bene:
le notti che nel mare era tempesta,
i pomeriggi calmi di risacca,
le mattinate con il cielo azzurro
e le onde a carezzare la battigia.
E ,lontana,sognavi,al tuo ritorno
lunghe nuotate e chiacchiere
e merende di pane , pomodoro
sale origano e ...sabbia e le partite
a carte con gli amici vecchi e nuovi.
E pensi ancora al mare:
ci pensi quando tornano i ricordi
sbattuti sugli scogli della vita,
quando le mareggiate della mente
portano a riva pezzi sfilacciati
degli anni andati,misera zavorra
strappata a forza a quell'ultima zattera
su cui speravi trovare salvezza